| 035..:: 05.10.2013   
					 Nella foto, la soprano, Luciana Distante.Proseguiamo questo «percorso musicale» a 
					cura di Luciana Distante, soprano. E' una iniziativa 
					dell'Assodolab riservata a coloro che amano la "buona 
					musica" e gli "autori del passato" che ci accompagnerà per tutto l'anno 2013 su 
					queste pagine web del nostro Supplemento di informazione 
					on-line 
					www.lasestaprovinciapugliese.it  La prossima uscita sarà il prossimo sabato. La Redazione Prof. Agostino Del Buono    Regione Puglia, LECCE..:: Otello (1887) è la 
					penultima opera di Giuseppe Verdi. Il libretto di Arrigo 
					Boito fu tratto dalla tragedia omonima di Shakespeare. Dopo 
					Macbeth il compositore aveva lungamente sognato questo 
					accostamento, e per anni aveva accumulato abbozzi e studi 
					per Re Lear, senza mai riuscire a portare a conclusione il 
					progetto. "Occorreva il librettista poeta e musico insieme 
					che sapesse offrirgli la tela viva e chiara, teatrale e 
					musicale, di una tragedia shakespeariana, per rituffarlo nel 
					suo sogno: Boito seppe far questo coll'Otello". Boito e 
					Verdi eliminarono il primo atto della tragedia 
					shakespeariana, che costituiva un antefatto ambientato a 
					Venezia, allo scopo di rendere la drammaturgia più serrata 
					possibile.La prima ebbe luogo a Milano nell'ambito della 
					stagione di Carnevale e Quaresima del Teatro alla Scala, il 
					5 febbraio 1887. Verdi operò alcune modifiche alla partitura per la versione 
					francese che andò in scena al Théâtre de l'Opéra di Parigi, 
					il 12 ottobre 1894. Il libretto fu tradotto dallo stesso 
					Boito e da Camille du Locle.La differenza più vistosa 
					riguarda l'aggiunta delle danze nel terzo atto, secondo la 
					convenzione francese. Probabilmente per compensare, almeno 
					in parte, l'aggiunta del balletto, Verdi accorciò il 
					grandioso concertato finale del terzo atto, che in questa 
					forma è stato talvolta ripreso anche in anni recenti, senza 
					particolare successo.
 Composta dopo un lunghissimo silenzio (l'opera precedente, 
					Aida, era del 1871), Otello contiene numerosi elementi di 
					novità rispetto alle opere precedenti di Verdi. Le forme 
					chiuse sono sempre meno riconoscibili, ormai per gran parte 
					sostituite da un flusso musicale continuo, che molti 
					all'epoca considerarono di ispirazione wagneriana.
 Il ruolo di Desdemona in Otello è quello di rappresentare 
					una donna del diciassettesimo secolo che supera le norme di 
					moralità sessuale fissate per una donna veneziana di quel 
					tempo. Quando Desdemona lascia la casa di suo padre (Brabanzio) 
					per sposare Otello (il moro di Venezia), compie il primo 
					passo per la ridefinizione del suo ruolo come donna nella 
					società. Desdemona, invece di chiedere a suo padre il 
					permesso per sposare Otello, decide per conto suo, rompendo 
					con la rigidità imposta, nega a suo padre ogni diritto nella 
					scelta o concessione per quanto riguarda il matrimonio con 
					il moro. Desdemona sceglie l'uomo che vuole sposare e non 
					sente necessario l'intervento del padre nella loro 
					relazione.
 Con il seme avvelenato che Iago ha piantato e curato fino 
					all'estremo gesto di Otello, quello che era un amore 
					genuino, viene plagiato dapprima in sospetto, poi in 
					disperazione e rabbia, ed infine in violenza e assassinio. 
					Otello non ha abbastanza fiducia in sua moglie, non ne vede 
					la purezza. Qualità che è invece colta da Emilia,la moglie 
					di Iago la quale, pur essendo disillusa nei confronti della 
					vita,coglie pienamente l'innocenza di Desdemona, che ammira 
					sia per la sua innocenza che per il suo coraggio. Emilia e 
					Desdemona sono le uniche donne in un campo militare 
					maschile, dove il concetto di onore rispecchia concetti 
					prettamente mascolini,ed entrambe le donne sono consapevoli 
					della loro oppressione. Emilia è stanca del trattamento rude 
					di suo marito Iago, ma a differenza di Desdemona non si 
					oppone alla società veneziana, pertanto Emilia vive la sua 
					liberazione immedesimandosi in Desdemona, ed è solo con la 
					morte della sua amica che trova la forza di ribellarsi alla 
					società dei maschi e a suo marito, e solo a quel punto, 
					spezzando la rete di menzogne di Iago, dice la verità che 
					farà scoprire suo marito. Ma il destino di Desdemona è già 
					segnato, la trappola di Iago è perfetta e l'ultimo prezzo 
					che Desdemona dovrà pagare per dimostrare la sua 
					innocenza,ed ultimare il percorso di liberazione dalla 
					società degli uomini, è proprio la morte.
 Desdemona è disegnata a tinte delicate e diafane: non ha 
					impeti di passione ardenti nè disperati. I suoi scatti di 
					fronte all'accusa diffamante sono rari e brevi. Nel duetto 
					del primo atto canta sommessa, con intima dolcezza, il suo 
					amore fatto di devota ammirazione e tenera pietà per 
					l'eroismo e le sventure dell'amato Otello. Spesso la sua 
					frase musicale è l'eco di quella di Otello. Nel secondo e 
					nel terzo atto la donna appare come una vittima ingenua e 
					incosciente, ma nel terzo atto, nel duetto con lo sposo, ha 
					un scatto d'indignazione quando lui le grida l'insulto 
					mortale "Cortigiana"; lei reagisce con un urlo; "Ah! non son 
					ciò che esprime quella parola orrenda". In tutti gli altri 
					momenti, Desdemona piange e prega con accenti toccanti, con 
					melodie di un candore celestiale o di un dolore soave.
 Nel quarto atto i canti della donna sono tutti intrisi di 
					quella profonda e rassegnata mestizia che viene dal 
					presentimento della morte vicina, e di cui dona subito la 
					sensazione il pianto sconsolato del corno inglese che, nel 
					preludio, accenna al motivo della mestissima canzone del "Salce" 
					interrotta da 5e vuote e funebri dei clarinetti. Nella voce 
					della protagonista è presente una dolcezza amara e dolente 
					che ripete in modo insistente e monotono la sola parola 
					funerea.
 Segue poi un altro dei rari scatti di passione, nel grido 
					"Ah Emilia, Emilia, addio!", subito placato nella 
					rassegnazione del breve tema che appare come conclusione al 
					pianto del corno inglese fino al preludio.
 Arriviamo poi alla pagina più eterea dell'opera, l' "Ave 
					Maria".
 Un arco di 44 anni separa le due più belle Ave Maria della 
					musica lirica, quella di Giselda e quella di Desdemona, e il 
					loro confronto denuncerebbe senza dubbio due menti diverse e 
					lontane. Ma l’ascoltatore dotato di una certa sensibilità, 
					riconosce l’inconfondibile timbro verdiano, volto certo al 
					conseguimento dell’effetto, ma ben più alla traduzione 
					sonora dello stato d’animo. Nelle sue radici Verdi è sempre 
					se stesso: e se la preghiera di Giselda (I Lombardi) dista 
					anni luce da quella di Desdemona (Otello), resta la presenza 
					di un potente desiderio di fede, che si esprime nella magia 
					del suono e pare comunicarne la profonda e purtroppo 
					inesaudita nostalgia.
 Nella preghiera di Desdemona, i violini modulano accordi 
					mentre la voce mormora bassa la prima parte della preghiera; 
					poi, appena le parole passano dall'adorazione 
					all'implorazione, la voce sale e si snoda nella melodia, per 
					accentuare poi più marcatamente la frase: "Prega per chi 
					sotto l'oltraggio piega la fronte e sotto la malvagia 
					sorte". La voce e l'orchestra ripetono più volte fra 
					singhiozzi l'umile invocazione che poi sembra salire verso 
					il cielo nell'ultimo "Ave", per rispondere in modo recitante 
					sulla parola Amen, mentre l'orchestra rimane in alto con un 
					lungo la sovracuto sotto cui svariano e muoiono le armonie 
					degli archi.
 Se da un punto dal punto di vista dello sviluppo dell'azione 
					drammatica questa pagina non ha alcun fine, dal punto di 
					vista dell'approfondimento psicologico della protagonista è 
					assolutamente utile e riuscita. In un'atmosfera di tristi 
					presagi e fatalità, questa sublime preghiera è logica e 
					necessaria.
 Ai fini musicali, poi, essa è utilissima per il contrasto 
					che riesce a creare con la scena successiva, soprattutto per 
					lo sbalzo pauroso allorchè dal la sovracuto dei violini si 
					passa al mi profondo dei contrabbassi che annunciano 
					l'arrivo sulla scena di Otello, con un salto di ben cinque 
					ottave e mezzo. Il carattere etereo della preghiera di 
					Desdemona accresce questo effetto nel contrasto con il 
					celebre "a solo" dei contrabbassi i cui gemiti sordi e le 
					voci penosamente gementi nell'acuto fondono insieme spavento 
					e strazio.
 Un ultimo grido di disperazione viene da Desdemona quando 
					Otello le comunica la morte di Cassio: "Son perduta! Ei 
					tradito!", e terrorizzata urla, con una frase che si dibatte 
					folle in un giro di tre note, come in un laccio "Ch'io viva 
					ancor", mentre l'orchestra è carica di tutto l'orrore della 
					scena inumana.
 Quasi esanime, la natura angelica di Desdemona avrà il 
					sopravvento; dirà a stento che muore da innocente e non 
					accuserà per questo il suo signore. In questo modo 
					drammatico ha fine musicalmente questa figura di donna, 
					travolta da un fato che non comprende e vittima di un piano 
					malefico i cui protagonisti sono uomini sopraffatti da 
					desideri, vanità e debolezze.
 
   Luciana Distante     
					   
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