| 018..:: 08.06.2013   
					 Nella foto, la soprano, Luciana Distante.Proseguiamo questo «percorso musicale» a 
					cura di Luciana Distante, soprano. E' una iniziativa 
					dell'Assodolab riservata a coloro che amano la "buona 
					musica" e gli "autori del passato" che ci accompagnerà per tutto l'anno 2013 su 
					queste pagine web del nostro Supplemento di informazione 
					on-line 
					www.lasestaprovinciapugliese.it  La prossima uscita sarà il prossimo sabato. La Redazione Prof. Agostino Del Buono    Regione Puglia, LECCE..:: E’ nella musica vocale che 
					Debussy giunge a risultati più notevoli della sua opera. 
					Ricorreva ai testi di Baudelaire, Verlaine e Mallarmé forse 
					perché non ostacolavano la sua immaginazione, e gli 
					consentivano la libertà di scelta per completare con la 
					musica il significato delle parole; proprio Debussy 
					affermava: «la musica comincia là dove la parola è impotente 
					ad esprimere» e continuando sempre «ammetteva il principio 
					della sottomissione della musica, ma unicamente da una 
					poesia che lasciasse alla fantasia tutto lo spazio che 
					voleva».Debussy sfrutta tutta l’esperienza acquisita nel campo 
					musicale, spostandosi verso una forma più complessa rispetto 
					alle primissime composizioni vocali e cioè il dramma 
					musicale, composto facendo riferimento alla Pièce di 
					Maeterlinck dal titolo Pelleas et Mélisande.
 E’ un ‘Drame lyrique’ in cinque atti e dodici quadri, dal 
					dramma omonimo di Maurice Maeterlinck. Debussy per poter 
					pervenire a un modello d’opera così nuovo e rivoluzionario 
					ci lavorò ben dieci anni, a partire dal suo primo incontro 
					occasionale durante il quale lesse il dramma in prosa di 
					Maeterlinck, seguendo poi verso la fine del 1893, 
					impressionato dalla messinscena dei Bouffers - Parisiens 
					Maeterlinck autorizzò Debussy a utilizzare il suo dramma 
					come testo di un opera lirica. Entrambi erano orgogliosi 
					l’uno dell’altro del lavoro.
 Le difficoltà sorsero più tardi, quando Maeterlinck cercò 
					d’imporre a Debussy, come interprete principale, sua moglie 
					Georgette Leblanc. Debussy si rifiutò, e lo scrittore 
					dichiarò pubblicamente di essere del tutto estraneo al 
					progetto musicale di Pelléas et Melisande, ma al tempo di 
					tali contrasti l’opera era oramai terminata.
 La scelta più significativa del musicista fu quella di non 
					adattare il testo letterario a libretto, ma mantenere 
					l’originale in prosa, prestando attenzione ai tagli dovuti 
					sia per carattere estetico sia per la durata dell’opera.
 Infatti Debussy fu il primo compositore a mettere in musica 
					un testo teatrale già preesistente, scelta la sua che aprì 
					la strada a un nuovo modo d’intendere il rapporto fra teatro 
					di prosa e teatro musicale. La fedeltà alla prosa francese 
					di Maeterlinck, obbligò Debussy a inventare un modello 
					originale di declamato lirico, capace di rispettare la 
					prosodia del testo e dar vita a un’intonazione estremamente 
					scorrevole e ‘parlante, ricca di sfumature espressive.
 Nel percorso di questo nuovissimo stile vocale, il musicista 
					fece tesoro delle sue melodie e primissime composizioni per 
					voce e pianoforte, dove già si nota il germe dello stile 
					melodico debussyano. Merita attenzione quella pubblicata nel 
					1882 ‘Nuit d’étoiles’ poiché prepara proprio il nostro 
					capolavoro. Infatti già nei primissimi cinque accordi 
					dell’accompagnamento appare netto il motivo di Mélisande, 
					motivo legato a quello principale della cantata ‘La 
					demoiselle élue’.
 Lo stesso disegno melodico che si evince dalle parole « la 
					sereine melancolie …» di Nuit d’étoiles, è ripetuto da 
					Mélisande all’inizio della terza scena del I atto, sulle 
					parole «il fait sombre dans le jardin…».
 La partitura di Pelléas non assomiglia a nessun altra poiché 
					sembra costituita da “impressioni fuggevoli, da un intreccio 
					di associazioni e continui cambiamenti di stati d’animo, 
					nessuno dei quali mai nettamente esteriorizzato”.
 Il carattere dei cinque atti è sempre identificato 
					nell’atmosfera di un sogno cupo e voluttuoso. La tecnica 
					adoperata da Debussy è destinata ad esprimere gli stati 
					d’animo dei personaggi e si basa su un legame nuovo tra 
					ritmo e melodia, uno stile vocale che oscilla tra melodia e 
					recitativo, sull’utilizzo di motivi musicali densi, e di un’ 
					orchestra concepita come un grande complesso da camera, che 
					partecipa attivamente al dramma.
 Il più delle volte fa uso dei recitativi, rispettando le 
					inflessioni particolari della lingua francese, al servizio 
					di un’elasticità estrema, non esitando affatto 
					nell’utilizzare anche mezzi scoperti da altri, perfino da 
					Wagner per il quale nutriva un sentimento di amore – odio.
 Il recitativo debussiano diventa simbolo della tradizione, 
					infatti il classicismo francese, la salmodia cattolica, il 
					recitativo monteverdiano trovano in questo stile 
					l’espressione di una moderna interpretazione della 
					tradizione musicale europea, in particolare francese. 
					Debussy in Pelléas et Mélisande fa uso dei cosiddetti 
					Leitmotive, che a differenza di Wagner , sono statici e 
					spesso frammentari, mutano al cambiamento delle situazioni, 
					dell’atmosfera del momento o degli stati d’animo degli eroi.
 Proprio all’inizio della prima scena del secondo atto i 
					flauti annunciano l’ingresso di Pelléas; questo tema o 
					meglio dire motivo non ritorna più sotto la stessa forma, né 
					in un contesto simile, così come accade del resto ai motivi 
					di Melisande, Golaud, della fontana nel parco; altri motivi 
					appaiono una sola volta. Per esempio una delle varianti del 
					motivo di Golaud si identifica con il motivo dell’anello che 
					Mélisande lascia cadere nell’acqua.
 Grazie ad una concezione ideale dell’armonia che doveva 
					«sommergere la tonalità» molte progressioni armoniche hanno 
					un significato ambiguo o meglio dire simbolico. Alla scena I 
					del secondo atto.
 L’ambiguità tonale di una progressione di accordi di 
					settima, nona e undicesima è destinata ad esprimere la 
					perdita senza speranza dell’anello di Mélisande ; tale 
					progressione è seguita da una sequenza di quattro accordi 
					nelle diverse tonalità di Do maggiore, Si maggiore, La 
					maggiore, Fa minore che evocano l’allargarsi del cerchio 
					d’acqua dentro il pozzo misterioso .
 Altrove la profondità viene evocata da accordi semplici, 
					primitivi, e l’angoscia da accordi lasciati deliberatamente 
					incompleti come ad esempio nella patetica domanda di 
					Mélisande morente al quinto atto («est – ce vous, Gouland? 
					Je ne vous reconnaissais plus»), raggiunge tutta la sua 
					forza penetrante, grazie soltanto ad accordi banali e 
					semplicissimi.
 Non meno varia e ricca di risorse è la struttura ritmica 
					dell’opera. Il preludio del primo atto, che consta di sole 
					ventidue battute, è caratterizzato da ben otto figure 
					ritmiche diverse. In realtà è un’ouverture in miniatura, di 
					intensa concentrazione espressiva. Dove l’azione scenica è 
					continua, o continuo lo stato d’animo dominante, lo sviluppo 
					sinfonico s’impone in modo naturale.
 E’ la grandezza della scrittura vocale di Pelléas et 
					Mélisande che riesce ad evitar la monotonia, in parte grazie 
					ad un’orchestrazione estremamente fantasiosa ed in parte 
					grazie al fatto che il recitativo viene interrotto di 
					frequente da sviluppi lirici.
 Nella scena d’amore tra Pellèas e Mélisande (scena I del 
					terzo atto) il recitativo di Pelléas si amplia 
					improvvisamente in un’esplosione appassionata che include 
					l’intera tessitura tenorile . Gran parte del quarto atto è 
					lirica, così che, per contrasto, il culmine espressivo quasi 
					parlato di quest’atto («Je t’aime … Je t’aime aussi!») 
					acquista un rilievo non indifferente.
 In Pelléas et Mélisande si preoccupa di economizzare le 
					pause fra le diverse frasi, mantenendo una tensione continua 
					ma flessibile, e allo stesso tempo che permetta la massima 
					effusione lirica nel momento in cui l’espressione drammatica 
					lo esiga.
 Come accade per tutte le più grandi opere d’arte, si può 
					dire che anche per Pelléas sia da poco iniziata una nuova 
					giovinezza, all’insegna di una radicale riconsiderazione dei 
					suoi valori stilistici e poetici, dalla quale Debussy 
					comunque deriva, ma in cui tuttavia non si può circoscrivere 
					il suo lavoro.
 L’indivisibile complementarità di simbolo e inconscio fa di 
					questo testo anti-operistico, anti-realistico, 
					anti-effettistico e anti-eroico una pietra miliare e un 
					punto di partenza nella complessa evoluzione del teatro 
					musicale contemporaneo.
 
   Luciana Distante     
					   
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