| 027 ..:: 24.02.2017 :: 18:30     
					   
					      
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					SOVERATO :: Con dichiarazione di nullità del sacramento del 
					matrimonio si intende quel riconoscimento legale ad opera 
					del tribunale ecclesiastico che, in virtù del diritto 
					canonico cattolico, riconosce la nullità del sacramento del 
					matrimonio.Comunemente si parla di "annullamento della Rota", o 
					addirittura di "divorzio cattolico", ma tecnicamente si 
					tratta di un "riconoscimento di nullità". Infatti secondo la 
					dottrina cattolica il matrimonio è uno e inscindibile, 
					pertanto non possono sussistere motivi di annullamento o 
					risoluzione del matrimonio stesso. Se invece viene 
					verificata ex post la sussistenza di una causa di nullità, 
					tale da viziare la validità del matrimonio contratto, il 
					tribunale riconosce la nullità del vincolo e dichiara lo 
					scioglimento dei coniugi dai diritti e dagli obblighi di 
					coniugio.
 
 Tribunale competente.
 Per intentare una causa di nullità matrimoniale, uno dei due 
					coniugi deve rivolgersi ad un tribunale ecclesiastico. In 
					genere il tribunale a cui rivolgersi è il tribunale 
					diocesano; fanno eccezione le diocesi dell'Italia, dove la 
					Conferenza episcopale italiana ha eretto 18 tribunali 
					regionali e ha stabilito che soltanto questi tribunali sono 
					competenti per le cause di nullità matrimoniale.
 Il primo tribunale a cui ci si rivolge viene chiamato 
					tribunale di primo grado.
 Il coniuge che fa partire la causa (chiamato dal diritto 
					"attore") può scegliere il tribunale a cui rivolgersi in 
					base a quattro criteri:
 il tribunale del luogo dove fu celebrato il matrimonio;
 il tribunale del luogo di domicilio dell'attore;
 il tribunale del luogo di domicilio dell'altro coniuge 
					(chiamato "convenuto");
 il tribunale del luogo dove di fatto si dovrà raccogliere la 
					maggior parte delle prove.
 
 Motivi di nullità.
 Nell'individuazione delle cause di nullità, sono certamente 
					ammesse ragioni legate alla natura spirituale del vincolo e 
					perciò la mera formalità di una pur corretta conduzione di 
					un ménage matrimoniale, può ben essere vinta da un'analisi 
					sostanziale che disveli che alla forma non era conseguita 
					sostanziale corretta ricezione spirituale del sacramento da 
					parte di uno o entrambi i coniugi. Il tribunale non dichiara 
					inefficace un matrimonio, non ha il potere di annullarlo; 
					stabilisce se un matrimonio era nullo in partenza (nullità "ab 
					initio"), se un matrimonio realmente non c'è mai stato, e 
					questo, perché esisteva almeno una condizione da non 
					renderlo tale.
 Ad esempio, in presenza di un matrimonio combinato, in cui 
					l'unione non è frutto di una libera scelta dei coniugi, 
					nonostante la cerimonia e che questo sia rato e consumato, 
					questi coniugi non sono mai stati sposati. Il tribunale 
					canonico non annulla il matrimonio, accerta che per questa 
					causa un matrimonio non c'è mai stato.
 Il vizio di nullità può essere riconosciuto anche in fatti 
					preannunciati o precedenti al matrimonio, caso tipico 
					essendone la mancanza di alcune condizioni oggettive 
					ritenute in dottrina essenziali al buon esito del legame. 
					Sono i cosiddetti "impedimenti dirimenti", resi celebri ne I 
					promessi sposi da Don Abbondio che ne riassume a Renzo la 
					sequenza: «Error, conditio, votum, cognatio, crimen, Cultus 
					disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas, Si sis affinis, 
					...».[1]
 L'amministrazione del sacramento matrimoniale non ha 
					l'effetto di unire i coniugi in un vincolo davanti a Dio, se 
					manca la volontà e la consapevolezza di contrarre gli 
					impegni che derivano da un matrimonio religioso, e di farlo 
					insieme all'altro coniuge. Questi impegni riguardano 
					principalmente i cosiddetti tria bona matrimonii, ovvero 
					bonum sacramenti (indissolubilità del vincolo coniugale), 
					bonum prolis (apertura alla nascita di figli), bonum fidei 
					(accettazione del vincolo esclusivo di fedeltà all'altro 
					coniuge), ma si considerano anche l'accettazione della 
					sacramentalità del vincolo ed il cosiddetto bonum coniugum.
 Il diritto canonico individua altri casi in cui è lecita la 
					dichiarazione di nullità, fra i quali: matrimonio imposto 
					contro la volontà di uno o entrambi i coniugi; incapacità 
					psicologica di effettuare una vera scelta coniugale ed 
					incapacità psicologica di adempiere agli obblighi sopra 
					ricordati; sono poi considerati capaci di viziare la 
					regolarità del vincolo la condizione e l'errore al momento 
					del consenso. La funzione riproduttiva connessa al 
					matrimonio cattolico consente l'ammissibilità di istanze 
					fondate sulla mancata consumazione materiale dello stesso.
 Le persone il cui matrimonio religioso è stato riconosciuto 
					nullo dal Tribunale Apostolico della Romana Rota, sono 
					libere di risposarsi una seconda volta in forma religiosa, 
					anche se ad alcune di esse può essere comminato un divieto 
					amministrativo a contrarre nuove nozze senza il consenso 
					della Curia di appartenenza. Per la Chiesa cattolica la 
					nullità significa che matrimonio non vi è stato,[2] pertanto 
					esse non sono mai state sposate prima e sono quindi libere 
					di creare un nuovo legame.
 Le istanze di dichiarazione di nullità del matrimonio sono 
					in genere informalmente inoltrate al Vicario giudiziale 
					della propria diocesi che provvede ad indirizzare gli 
					interessati nell'adizione della procedura. Presso il 
					Tribunale Apostolico della Rota Romana è tenuto un albo 
					degli avvocati rotali, che possono patrocinare in ogni 
					tribunale ecclesiastico senza limiti di territorialità.
 Di seguito elenchiamo più specificamente i vari motivi di 
					nullità che sono contemplati dal codice di diritto canonico 
					(in latino Codex iuris canonici - c.i.c.).
 
 L'impotenza (can. 1084 c.i.c.)
 L'impedimento di impotenza, disciplinato dal can. 1084 del 
					codice di diritto canonico (c.i.c.) attiene all'incapacità, 
					sia per l'uomo che per la donna, di porre in essere l'atto 
					sessuale per cause di diversa natura organica, ad es. per 
					l'uomo incapacità di erezione del membro o per la donna il 
					vaginismo, ovvero di natura funzionale, quando l'impotenza 
					deriva da cause psichiche. Per rendere nullo il matrimonio 
					la norma stabilisce che l'impotenza copulativa deve essere 
					antecedente al matrimonio nonché perpetua, sia da parte 
					dell'uomo sia da parte della donna, sia nei confronti di 
					qualsiasi soggetto (assoluta), sia nei confronti solo del 
					proprio partner (relativa). Si dice perpetua l'impotenza che 
					non è guaribile se non con mezzi illeciti o straordinari che 
					ad. es. possano mettere a repentaglio anche la vita dello 
					stesso paziente. Occorre distinguere infatti la perpetuità 
					canonica dalla perpetuità medica.
 Se l'impedimento di impotenza è dubbio, sia per dubbio di 
					diritto sia per dubbio di fatto, il matrimonio non deve 
					essere impedito né, stante il dubbio, dichiarato nullo.
 La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio, a meno 
					che la parte sterile abbia nascosto dolosamente la sua 
					condizione al coniuge il quale se avesse saputo della 
					sterilità non avrebbe acconsentito a contrarre matrimonio.
 
 Incapacità per insufficiente uso di ragione (can. 1095 n. 1 
					c.i.c.)
 Sono incapaci a contrarre matrimonio coloro che mancano di 
					sufficiente uso di ragione. L'uso di ragione indicato al 
					numero 1 del can. 1095 attiene alla natura dell'atto 
					presente quando per un motivo contingente la parte non abbia 
					sufficiente ragione per comprendere il patto matrimoniale 
					che sta per concludere. In quel momento il nubente non ha il 
					dominio congiunto e armonico delle sue facoltà sensitive, 
					appetitive, intellettive e volitive, necessario a far sì che 
					il suo atto di contrarre sia atto umano (Villadrich). Questo 
					può avvenire a causa ad esempio di assunzione di farmaci, 
					alcool, ovvero sostanze stupefacenti.
 
 Incapacità per difetto di discrezione di giudizio (can. 1095 
					n. 2 c.i.c.)
 L'incapacità consensuale attiene anche coloro che difettano 
					gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i 
					doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare 
					reciprocamente. Il soggetto in questo caso non è in grado di 
					valutare dal lato pratico, gli effetti del matrimonio che 
					sta per contrarre, sia in relazione a se stesso sia in 
					relazione al coniuge.
 
 Incapacità per cause di natura psichica (can. 1095 n. 3 
					c.i.c.)
 Attiene coloro che per cause di natura psichica, non possono 
					assumere gli obblighi essenziali del matrimonio. Dette cause 
					rientrano in psicopatologie che l'antropologia richiede 
					essere serie. Non bastano infatti delle semplici difficoltà 
					insorte tra i coniugi per dichiarare la nullità del 
					matrimonio. Giova riportare una celebre espressione di 
					Giovanni Paolo II: “Il fallimento dell'unione coniugale non 
					è mai in sé una prova per dimostrare tale incapacità dei 
					contraenti, i quali possono avere trascurato, o usato male, 
					i mezzi sia naturali che soprannaturali a loro disposizione, 
					oppure non avere accettato i limiti inevitabili ed i pesi 
					della vita coniugale, sia per blocchi di natura inconscia, 
					sia per lievi patologie che non intaccano però la 
					sostanziale libertà umana. Una vera incapacità è 
					ipotizzabile solo in presenza di una seria forma di anomalia 
					che comunque si voglia definire, deve intaccare 
					sostanzialmente la capacità di intendere o volere del 
					contraente.” Il criterio di valutazione dell'incapacità 
					psichica fonda la sua essenza sull'indisponibilità 
					sostanziale di intelligenza o volontà da parte del soggetto 
					nell'attuare il proprio comportamento, laddove esso sia 
					lesivo di qualche obbligo essenziale dello stato coniugale. 
					[3]
 Le cause di natura psichica possono essere varie tra cui: il 
					narcisismo, il transessualismo, il lesbismo, la ninfomania, 
					il voyerismo, il sadismo, il masochismo, la noncuranza o 
					negligenza strafottente (“menefreghismo”), il satirismo, 
					l'alcolismo cronico, la tossicodipendenza etc.
 
 Ignoranza (can. 1096 c.i.c.)
 Questo è un capo di nullità ormai rarissimo ai nostri tempi 
					di società globalizzata. Perché possa esserci un valido 
					consenso matrimoniale, è necessario che i contraenti almeno 
					non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra 
					l'uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole 
					mediante una qualche cooperazione sessuale. Tale ignoranza 
					non si presume dopo la pubertà. Corre l'obbligo di osservare 
					che le norme di diritto canonico sono state date per ogni 
					tipo di società che esiste sul nostro mondo e dunque vanno 
					ad interessare anche popoli in cui tale tipo di ignoranza 
					potrebbe ancora incontrarsi.
 
 Errore (can. 1097 § 1 e § 2 c.i.c.)
 L'errore è una falsa conoscenza della realtà per cui la 
					volontà di un atto dipende dalla convinzione dell'esistenza 
					di una situazione di fatto che in realtà non esiste. 
					L'errore di persona (can. 1097 § 1 c.i.c.) rende invalido il 
					matrimonio laddove ad esempio: "pensavo di sposare il Tizio, 
					invece ho sposato Caio".
 L'errore circa una qualità della persona (can. 1097 § 2 
					c.i.c.), quantunque sia causa del contratto, non rende nullo 
					il matrimonio, eccetto che tale qualità sia intesa 
					direttamente e principalmente. Un esempio classico è quello 
					del coniuge che contrae matrimonio con il partner che 
					ritiene (erroneamente), essere medico laureato in medicina e 
					proprio questa qualità di medico ha determinato 
					principalmente e direttamente il suo consenso. Ai fini della 
					dichiarazione di nullità occorre distinguere che l'errore 
					cada sulla sostanza e non sulla persona. La nullità ha luogo 
					pertanto nel caso in cui il coniuge ha inteso: "Voglio 
					sposare un farmacista, che ritengo essere Tizio". Diverso 
					sarà invece il caso: "Voglio sposare Tizio, che ritengo 
					essere un farmacista". Nel secondo caso l'errore ricade 
					sulla persona e non sulla sostanza e dunque il matrimonio 
					sarà valido.
 L'errore circa l'unità o l'indissolubilità o la dignità 
					sacramentale del matrimonio non vizia il consenso 
					matrimoniale, purché non determini la volontà. Ad esempio 
					Tizio sposa Caia solo sul presupposto (erroneo) che il 
					matrimonio non sia indissolubile ovvero che non sia un 
					sacramento e che, in qualsiasi momento potrà riacquistare la 
					propria libertà tramite il divorzio risposandosi con 
					un'altra persona.
 
 Dolo (can. 1098 c.i.c.)
 Il dolo è un vero e proprio inganno voluto coscientemente, 
					relativo ad una qualità particolare che viene ordito nei 
					confronti della comparte per estorcergli il consenso 
					nuziale. Il codice stabilisce che contrae invalidamente chi 
					celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per 
					ottenerne il consenso, circa una qualità dell'altra parte, 
					che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di 
					vita coniugale. L'inganno può essere ordito sia dall'altro 
					coniuge sia da terze persone diverse dal coniuge, come ad 
					esempio suoi parenti.
 
 Simulazione - o esclusione (can. 1101 c.i.c.)
 La simulazione è una difformità tra volontà interna e 
					manifestazione esterna. Il codice stabilisce che il consenso 
					interno dell'animo si presume conforme alle parole o ai 
					segni adoperati nel celebrare il matrimonio. Ma se una o 
					entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà 
					il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o 
					una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente. La 
					simulazione viene detta anche esclusione.
 Si ha la simulazione totale quando il contraente esclude il 
					matrimonio nella sua totalità interpretando il rito del 
					matrimonio in realtà una rappresentazione teatrale. In 
					questo caso il simulante esclude sia le proprietà che gli 
					elementi essenziali del matrimonio.
 L'esclusione dell'indissolubilità si verifica quando il 
					contraente manifesti una riserva mentale per cui escluda 
					l'indissolubilità del matrimonio ritenendo di potere 
					divorziare qualora le cose non vadano bene durante la vita 
					coniugale.
 L'esclusione della prole attiene alla volontà di procreare 
					dei figli nel corso del matrimonio. In questo caso occorrerà 
					esaminare attentamente se l'uso di metodi anticoncezionali 
					sia finalizzato ad una procrastinazione della procreazione 
					ovvero ad una esclusione assoluta della volontà di avere 
					figli.
 L'esclusione dell'unità coniugale ammette la possibilità di 
					avere delle relazioni sessuali con altre persone diverse dal 
					coniuge in corso di matrimonio. Si nega pertanto 
					l'esclusività della donazione di sé al coniuge.
 L'esclusione della dignità sacramentale si ha quando il 
					contraente esclude che il patto matrimoniale sia esso stesso 
					sacramento. Egli vuole il matrimonio ma esclude il 
					sacramento, e se il matrimonio dovesse essere sacramento, 
					rifiuta il matrimonio stesso.
 
 Condizione (can. 1102 c.i.c.)
 La condizione è una circostanza esterna da cui dipende 
					l'efficacia di un atto giuridico. Non si può contrarre 
					validamente il matrimonio sotto condizione futura mentre il 
					matrimonio celebrato sotto condizione passata o presente è 
					valido o no, a seconda che esista o no il presupposto della 
					condizione. Pertanto nel caso in cui il contraente ritenga: 
					"ti sposo a condizione che tu sia un avvocato (condizione 
					presente) oppure a condizione che tua abbia fatto il liceo 
					artistico (condizione passata)” il matrimonio sarà valido se 
					effettivamente nel momento della celebrazione il coniuge è 
					avvocato o se a suo tempo si è diplomato presso il liceo 
					artistico.
 Non sarà invece valido ad es. il matrimonio in cui viene 
					posta la condizione: “ti sposo a patto che entro due anni 
					dal matrimonio farai abitare mia madre anziana in casa 
					nostra". In questo modo il legislatore ha cercato di evitare 
					dei vincoli futuri e dunque, ancora incerti, al volontario 
					consenso matrimoniale.
 
 Timore - o Metus (can. 1103 c.i.c.)
 Il timore è la trepidazione o l'inquietudine dell'animo a 
					causa di un pericolo immediato o futuro. È invalido il 
					matrimonio celebrato solo per violenza o timore grave 
					incusso dall'esterno, anche non intenzionalmente, per 
					liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il 
					matrimonio. Solo il timore grave incusso dall'esterno 
					invalida il matrimonio. In caso di timore reverenziale il 
					matrimonio non è nullo a meno che detto timore reverenziale 
					non sia rivestito di gravità, nel qual caso potrebbe dare 
					adito a nullità.
 
 La forma canonica (cann. 1108 e seg. c.i.c.)
 Il sacerdote che non abbia i requisiti formali di delega per 
					assistere al matrimonio può determinare una causa di nullità 
					per difetto di forma canonica.[4] [5]
 Sentenza esecutiva
 Lo scioglimento del matrimonio religioso ha effetto 
					immediato dopo due sentenze conformi emesse dal tribunale 
					canonico. Quindi, se la prima istanza si conclude in modo 
					affermativo, è comunque necessario appellarsi in seconda 
					istanza per ottenere una seconda sentenza affermativa; se le 
					prime due sentenze non sono conformi, è necessaria una terza 
					sentenza per dirimere la questione.
 Per ottenere una sentenza esecutiva bisogna dunque 
					percorrere diversi gradi di processo:
 • primo grado: presso i tribunali territoriali (in Italia 
					sono tribunali regionali);
 • secondo grado:
 • presso i tribunali territoriali (in Italia i tribunali 
					regionali di primo grado appellano in secondo grado presso 
					un tribunale regionale vicino, già stabilito dal diritto)
 • oppure, a scelta dell'attore, presso il Tribunale della 
					Rota Romana (detto impropriamente "Sacra Rota"): servirsi di 
					questo tribunale può risultare più difficile (soprattutto 
					per persone che abitano lontano da Roma e dall'Italia) e più 
					oneroso rispetto ai tribunali territoriali di secondo grado
 • terzo grado: a partire dal terzo grado di giudizio il 
					ricorso alla Rota diventa obbligatorio.
 Le cause di nullità matrimoniale costituiscono la stragrande 
					maggioranza (ma non la totalità) delle cause discusse presso 
					i tribunali ecclesiastici e presso la Rota.
 
 Confronto tra dichiarazione di nullità canonica e divorzio 
					civile
 La dichiarazione di nullità è diversa dal divorzio del 
					diritto civile: il divorzio riconosce la validità del 
					precedente matrimonio, ne stabilisce la fine e gli obblighi 
					verso il coniuge più debole; la dichiarazione di nullità, 
					invece, sancisce che (a livello giuridico) il matrimonio 
					precedente non c'è mai stato (non annullato, bensì nullo ab 
					initio) e quindi non sussistono obblighi a protezione del 
					coniuge più debole. Maggiori somiglianze ci sono tra la 
					dichiarazione di nullità del diritto canonico e 
					l'annullamento del matrimonio del diritto civile: i motivi e 
					le cause di queste due procedure sono però diversi.
 
 
 
 
						
							| Note |  
							| Nel Codice di Diritto Canonico si legge: Can. 1055 - § 1. “Il patto coniugale con cui un uomo 
							e una donna stabiliscono tra loro la comunità di 
							tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei 
							coniugi e alla procreazione ed educazione della 
							prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo 
							Signore alla dignità di sacramento. § 2. Perciò, tra 
							battezzati non può esistere in valido contratto 
							matrimoniale che non sia, proprio in virtù di ciò, 
							sacramento.”
 Can. 1057 - 1. “L’atto che costituisce il matrimonio 
							è il consenso delle parti legittimamente manifestato 
							tra persone giuridicamente capaci; esso non può 
							essere supplito da nessun potere umano. § 2. Il 
							consenso matrimoniale è l’atto della volontà con cui 
							un uomo e una donna, con patto irrevocabile, si 
							danno e si accettano reciprocamente per costituire 
							il matrimonio”.
 Il consenso espresso dalle parti, quindi, è l’atto 
							che costituisce il matrimonio che, per la Chiesa, è 
							anche sacramento. Proprio per ciò, nel Diritto 
							Canonico vi sono due rilevanti presunzioni di legge 
							enunciate nei seguenti canoni:
 Can. 1060 – “Il matrimonio gode del favore del 
							diritto; in caso di dubbio, finchè non si provi il 
							contrario, bisogna perciò ritenerlo valido”.
 Can. 1110 - 1: “Si presume che il consenso interno 
							della volontà sia conforme alle parole o ai segni 
							usati nella celebrazione del matrimonio. § 2. Ma se 
							una o entrambe le parti escludono con un positivo 
							atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo 
							elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, 
							contraggono invalidamente”.
 Per superare quindi la presunzione di validità del 
							matrimonio bisogna che in sede processuale vengano 
							accertati determinati vizi del consenso che abbiano 
							potuto comportare la nullità del matrimonio.
 Scopo del processo canonico presso i competenti 
							Tribunali Regionali e presso il Tribunale Apostolico 
							della Rota Romana è proprio quello dell’accertamento 
							della verità in merito alla validità o meno di un 
							matrimonio.
 Occorre dunque indagare su tutte le cause ostative 
							alla corretta formazione del vincolo matrimoniale 
							che devono necessariamente essere preesistenti e/o 
							concomitanti alle nozze.
 Ruolo dell’Avvocato rotale è quello di valutare 
							preliminarmente se vi siano, nel caso concreto, sia 
							i presupposti per la declaratoria di nullità che la 
							possibilità di prova degli stessi nel processo 
							tramite prove testimoniali e documentali.
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 Deliberazione della sentenza ecclesiastica di nullità.
 La sentenza di nullità matrimoniale emessa dai Tribunali 
					della Chiesa non viene riconosciuta automaticamente dallo 
					Stato Italiano; pertanto, affinché anche in Italia si abbia 
					il riconoscimento della sentenza ecclesiastica di nullità 
					matrimoniale occorre esperire il procedimento di delibazione 
					presso la compente Corte d’Appello italiana.
 Ciò è previsto dall’art. 8 n. 2 dell’Accordo di Modifica del 
					Concordato Lateranense del 18/02/1984 e del relativo 
					Protocollo Addizionale, ratificato con Legge n. 121/1985.
 Una volta ottenuta la delibazione della sentenza canonica, 
					anche in Italia il matrimonio viene riconosciuto nullo; ciò 
					comporta i seguenti effetti:
 • non è più necessario, dopo la separazione, esperire la 
					procedura per il divorzio;
 • la delibazione della sentenza ecclesiastica, prima che la 
					sentenza di divorzio diventi definitiva, travolge gli 
					effetti patrimoniali della sentenza divorzile.
 Viene quindi meno ogni obbligo di solidarietà e di 
					mantenimento verso l’altro coniuge.
 Per quanto riguarda invece i figli, la delibazione non 
					pregiudica i loro diritti ed il loro status di figli 
					legittimi. L’obbligo di mantenimento da parte dei genitori 
					rimane pertanto assolutamente inalterato.
 Sono fatti salvi gli effetti verso i terzi in buona fede e 
					il risarcimento al coniuge incolpevole per matrimonio 
					putativo.
 La delibazione tuttavia viene negata dalla Corte d’Appello 
					quando ravvisi la contrarietà con l’ordine pubblico italiano 
					e nelle ipotesi delle dispense pontificie per il matrimonio 
					“rato e non consumato”.
 
 I motivi di nullità del matrimonio.
 Simulazione - esclusione
 Il matrimonio per la sua validità richiede che gli sposi 
					aderiscano con la propria volontà a quanto professato dalla 
					Chiesa; si ha simulazione quando vi è difformità tra quanto 
					manifestato esternamente e la volontà interna della persona 
					che si accinge a contrarre le nozze.
 Il Codice di Diritto Canonico stabilisce una presunzione di 
					conformità tra quanto dichiarato e quanto voluto; tuttavia, 
					se una o entrambe le parti escludono, con un atto positivo 
					di volontà, o il matrimonio stesso o una sua proprietà o 
					elemento essenziale, contraggono invalidamente.
 In tali ipotesi, infatti, il contraente, che ha una volontà 
					interna che non aderisce all’unico modello ritenuto valido 
					dalla Chiesa, simula il consenso, cioè pur affermando il 
					proprio “SI” all’altare, di fatto non intende accettare il 
					matrimonio così come voluto dalla Chiesa ma secondo i propri 
					desideri o necessità; così facendo, celebra invalidamente.
 
 Simulazione totale
 Si parla di simulazione totale quando il contraente esclude 
					il matrimonio nella sua totalità, svuotandolo di ogni 
					contenuto.
 Quando invece il consenso, pur accettando il matrimonio nel 
					suo complesso, esclude un elemento essenziale o una 
					proprietà del matrimonio, si parla di simulazione parziale 
					che comprende i vari capi di nullità sotto elencati.
 
 Esclusione dell’indissolubilità
 Si verifica quando viene esclusa l’indissolubilità del 
					matrimonio, riservandosi il contraente, in ipotesi di vita 
					coniugale infelice, la possibilità di poter riacquisire la 
					propria libertà ricorrendo al divorzio o alla nullità del 
					matrimonio.
 È anche il classico caso del “matrimonio a prova”, fatto da 
					colui che, molto incerto sull’esito delle nozze, si propone 
					di tentare comunque il matrimonio, riservandosi di potersi 
					liberare successivamente alla valutazione di alcune 
					circostanze.
 
 Esclusione della prole
 Attiene alla volontà di non procreare figli nel corso del 
					matrimonio in maniera assoluta e senza limiti di tempo.
 Bisognerà quindi valutare, nel caso concreto, se vi sia 
					soltanto procrastinazione della procreazione per un tempo 
					determinato ovvero un’esclusione assoluta della stessa, e 
					che tipo di cautele sono state utilizzate dai coniugi.
 
 Esclusione dell’unità - fedeltà
 Si verifica quando si esclude la fedeltà, cioè l’esclusività 
					della donazione di sé stessi all’altro coniuge, riservandosi 
					la possibilità di intrattenere relazioni sessuali con altre 
					persone. Ci si sposa, quindi, volendo un matrimonio 
					“aperto”, non essendo rilevante la semplice propensione 
					all’infedeltà.
 
 Esclusione del bene dei coniugi
 Si verifica quando il contraente esclude che il matrimonio 
					tenda al bene ed alla felicità dell’altro coniuge, privando 
					il rapporto coniugale di affetto e sentimento.
 
 Esclusione della dignità sacramentale
 Si verifica quando il contraente esclude il matrimonio come 
					sacramento; vuole cioè il matrimonio ma non vuole il 
					sacramento. In altre parole, accetta il matrimonio come 
					contratto ma esclude la dignità sacramentale dello stesso.
 
 Incapacità per mancanza di sufficiente uso di ragione
 Sono incapaci di contrarre matrimonio coloro che mancano di 
					sufficiente uso di ragione. L’uso di ragione deve essere 
					tale da poter comprendere la natura dell’atto matrimoniale 
					che ci si accinge a contrarre.
 Vari sono i motivi che possono costituire causa di 
					incapacità quali, ad esempio, l’assunzione di alcool, 
					sostanze stupefacenti o farmaci; a ciò si devono aggiungere 
					tutte quelle malattie psichiatriche o alterazioni mentali, 
					quali schizofrenia, paranoia, psicosi, che rendono il 
					soggetto non cosciente del proprio stato mentale ed incapace 
					di autodeterminarsi liberamente in ordine alla scelta del 
					matrimonio.
 
 Incapacità per grave difetto di discrezione di giudizio
 È causata non da vere e proprie malattie mentali, come nel 
					caso di incapacità per mancanza di sufficiente uso di 
					ragione, ma da gravi forme di nevrosi e psicopatie; inoltre 
					anche da alcolismo e tossicodipendenza. In tutti detti casi 
					il soggetto, pur rimanendo cosciente del proprio stato e 
					consapevole dell’importanza dell’atto del matrimonio in 
					generale, nel caso specifico del proprio matrimonio non è 
					capace di valutare dal lato pratico gli effetti del 
					matrimonio che si accinge a contrarre, sia in relazione a se 
					stesso che all’altro coniuge. Da ciò deriva incapacità di 
					scegliere in maniera libera e consapevole il matrimonio con 
					una determinata persona.
 La discrezione di giudizio è intesa, quindi, come maturità 
					psicologica adeguata all’atto del matrimonio concreto, che 
					rende il soggetto capace di comprendere e valutare nel 
					concreto i diritti e doveri matrimoniali che dove assumersi 
					con le nozze. In mancanza di maturità psicologica adeguata 
					si parla di immaturità anche di tipo affettivo.
 
 Incapacità di assumere ed adempiere gli obblighi essenziali 
					del matrimonio
 Si verifica quando il soggetto, per cause di natura 
					psichica, non è in grado di assumere ed adempiere gli 
					obblighi essenziali del matrimonio. Non bastano, per 
					dichiarare la nullità del matrimonio, le semplici difficoltà 
					insorte dopo le nozze alla conduzione del coniugio, ma 
					necessitano gravi forme di anomalie che non permettono di 
					stabilire quella particolare relazione interpersonale duale 
					richiesta dalla vita coniugale.
 Costituiscono causa di detta incapacità le affezioni di 
					carattere sessuale (tra cui l’omosessualità e la 
					ninfomania), le deviazioni o perversioni sessuali, 
					l’alcolismo cronico, la tossicodipendenza e altri gravi 
					disturbi di carattere psichico e caratteriali.
 
 Ignoranza
 Si verifica quando i contraenti ignorano che il matrimonio è 
					una comunità permanente tra un uomo ed una donna, ordinata 
					alla procreazione della prole mediante una qualche 
					cooperazione sessuale. Tale ignoranza non si presume dopo la 
					pubertà.
 
 Errore sull’identità della persona
 L’errore determina una falsa conoscenza della realtà per cui 
					il contraente si determina alla scelta del matrimonio nella 
					convinzione si sposare una persona diversa da quella che 
					invece sposa. È il classico caso del matrimonio per procura 
					nel quale ad esempio si sposa Tizio pensando di sposare 
					Caio.
 
 Errore su una qualità dell’altra persona
 L’errore riguardo ad una determinata qualità dell’altra 
					persona può rendere nullo il matrimonio quando la qualità 
					desiderata viene intesa “direttamente e principalmente”. Ciò 
					significa che si vuole sposare una persona che abbia detta 
					qualità, e la scelta del matrimonio viene fatta prima sulla 
					qualità e successivamente sulla persona.
 Classico esempio è quello di Tizia che vuole sposare un 
					medico e, credendo che Caio sia proprio un medico, si decide 
					per le nozze; ma se Tizia avesse saputo che Caio in realtà 
					non era un medico non avrebbe mai deciso di sposarlo. Per 
					Tizia, infatti, la qualità di medico è quella che l’ha 
					determinata direttamente e principalmente alle nozze con 
					Caio.
 
 Errore sull’unità o l’indissolubilità o la dignità 
					sacramentale del matrimonio
 L’errore sull’unità o l’indissolubilità o la dignità 
					sacramentale non rende nullo il matrimonio a meno che non 
					abbia determinato la volontà. È il caso, ad esempio, di 
					Tizio che sposa Caia pensando erroneamente che il matrimonio 
					che si accinge a contrarre non comporti l’unità o 
					l’indissolubilità o la dignità sacramentale. In ipotesi di 
					conoscenza da parte di Tizio della corretta dottrina della 
					Chiesa in punto, Tizio non si sarebbe determinato alle 
					nozze.
 
 Dolo
 Il dolo è un inganno provocato per ottenere dall’altra parte 
					il consenso al matrimonio. Detto inganno deve avere ad 
					oggetto una qualità che per sua natura può perturbare 
					gravemente la vita matrimoniale e viene posto in essere 
					proprio per estorcere un consenso nuziale che altrimenti non 
					sarebbe stato concesso.
 
 Condizione
 La condizione è una circostanza esterna da cui far dipendere 
					l’efficacia di un atto giuridico. Nel diritto canonico solo 
					la condizione apposta per il verificarsi di un atto futuro 
					determina la nullità del vincolo; e ciò perché in detta 
					circostanza manca del tutto la volontà matrimoniale dal 
					momento che l’efficacia di un matrimonio viene subordinata 
					al verificarsi di un evento futuro ed incerto. L’apposizione 
					di una circostanza relativa al presente oppure al passato 
					rende invece il matrimonio valido oppure invalido a seconda 
					che esista o meno il presupposto della condizione.
 Violenza o timore
 Il timore è la trepidazione dell’animo a causa di un 
					pericolo immediato o futuro. In ipotesi di matrimonio 
					contratto per violenza o grave timore incusso dall’esterno, 
					per liberarsi del quale si accettano le nozze, si ha la 
					nullità del matrimonio.
 In particolare, il timore deve essere grave, sia dal punto 
					di vista soggettivo che oggettivo; deve provenire 
					dall’esterno; può essere anche non intenzionale; non dà 
					alcuna alternativa, costringendo la parte alle nozze quale 
					unico mezzo per liberarsi dal timore di subire violenze 
					fisiche o psicologiche.
 
 Impedimenti dirimenti
 Sono numerosi gli impedimenti dirimenti che rendono nullo il 
					matrimonio: l’età, l’impotenza coeundi, il vincolo di un 
					precedente matrimonio, l’ordine sacro, il voto perpetuo di 
					castità, la disparità di culto, il ratto, il coniugicidio, 
					la parentela, l’affinità, la pubblica onestà e l’adozione.
 
 Impotenza
 L’incapacità sia maschile che femminile di porre in essere 
					l’atto sessuale per cause sia organiche, quali ad esempio 
					incapacità di erezione del membro o vaginismo, che 
					funzionali , cioè derivanti da cause psichiche, può rendere 
					nullo il matrimonio. Per la dichiarazione di nullità, 
					tuttavia, è necessario inoltre che l’impotenza copulativa 
					sia antecedente al matrimonio, perpetua, assoluta, cioè nei 
					confronti di qualsiasi soggetto, o relativa, ovvero nei 
					confronti soltanto del proprio partner.
 L’impotenza si dice perpetua quando non è guaribile se non 
					con mezzi illeciti o straordinari, che possano mettere a 
					repentaglio la vita del paziente.
 La semplice sterilità non è causa di nullità del matrimonio, 
					a meno che la parte sterile abbia tenuto dolosamente 
					nascosta la sua condizione all’altra parte al fine di 
					ottenere il consenso alle nozze, che altrimenti non sarebbe 
					stato prestato.
 
 La forma canonica
 In mancanza dei requisiti formali richiesti al sacerdote 
					celebrante le nozze in caso di delega, il matrimonio può 
					essere dichiarato nullo per difetto di forma.
 
 Matrimonio rato e non consumato
 Secondo il Codice di Diritto Canonico il matrimonio è 
					consumato quando i coniugi, dopo la celebrazione delle 
					nozze, hanno compiuto tra loro, in modo umano, cioè 
					volontariamente e scientemente, un atto idoneo alla 
					generazione della prole. In mancanza i coniugi, o uno 
					soltanto di essi, possono chiedere al Santo Padre la grazia 
					della dispensa dal matrimonio rato, cioè celebrato, ma non 
					consumato.
 
 
 Marfa
 
 
 
 
						
							| Note: |  
							| 1. ^ E 
							non dunque "come se matrimonio non vi fosse stato"; 
							le cause «facta retractant». 2. ^ Vincenzo Di Michele, "Come sciogliere un 
							matrimonio alla Sacra Rota", casa editrice Fernandel
 3. ^ Avvocato Sacra Rota - Bologna - Chiara Bruno - 
							Nullità del matrimonio canonico
 4. ^ Tribunali Ecclesiastici - I capi di nullità.
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