| 004 ..:: 16.01.2017 :: 18:30     
					   
					    
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					SOVERATO :: Il 
					concetto di libertà di insegnamento è stato magistralmente 
					definito dall’art.33 della Costituzione: “l’arte e la 
					scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, una 
					risposta naturale ad un regime totalitario da cui l’Italia 
					stava uscendo. Niente di ciò che attiene alla cultura può 
					essere ingabbiato. La scuola della Costituzione si 
					caratterizza per il pluralismo culturale e la libertà di 
					insegnamento; è la scuola di tutti e per tutti.L’insegnamento è libero nel senso che nella scuola statale 
					non può essere consentita alcuna indebita forma di 
					condizionamento, specialmente ideologico, e non deve essere 
					consentita una dottrina “ufficiale” e/o statale. Gli 
					insegnanti non sono semplici esecutori, impiegati che 
					fedelmente svolgono il compito che lo Stato chiede loro di 
					svolgere e per il quale ricevono uno stipendio. L’identità 
					professionale va ben oltre il ruolo burocratico di 
					impiegato: l’insegnante è definito anche dalla libertà con 
					cui interpreta e trasmette la cultura. La libertà di 
					insegnamento è quindi essenziale alla definizione della sua 
					identità.
 Il concetto lo ritroviamo molto enfatizzato fino ai 
					programmi della scuola media del 1979. La libertà di 
					insegnamento viene infatti considerata la condizione 
					essenziale dell’espletamento della funzione docente, seppure 
					legata al rispetto dei diritti degli alunni. Il fatto di non 
					ritrovare, tuttavia, in quei programmi l’esplicitazione 
					delle modalità entro cui esercitarla fa pensare ad una fase 
					in cui erano importanti soprattutto le dichiarazioni di 
					principio.
 Qualche anno dopo nei Programmi della scuola elementare del 
					1985 non riscontriamo più la stessa enfasi nei confronti del 
					concetto. In modo interessante esso viene riproposto nei 
					primi Orientamenti per la scuola dell’Infanzia nel 1991, 
					alla luce di una nuova concettualizzazione che è quella 
					della professionalità docente.
 Dagli anni Novanta molte cose sono cambiate, ma 
					l’espressione “libertà di insegnamento” conserva ancora oggi 
					una profonda dose di ambiguità. Libertà di insegnamento non 
					è libertà dalla programmazione, non significa neppure 
					libertà dalle finalità della scuola o libertà dalle regole 
					di valutazione. Esiste dunque una cornice di norme 
					imperative di cui l’insegnante non è per nulla responsabile, 
					anche se relativamente alla valutazione, lo Stato Italiano 
					ha conferito agli insegnanti il potere e il dovere di 
					definirne le regole in modo informale.
 Libertà di insegnamento è, innanzitutto, la libertà 
					didattica, perché il docente, e solo lui, è il titolare del 
					progetto didattico, cioè dell’insieme dei comportamenti 
					professionali che permettono di ottenere i risultati voluti 
					dallo Stato. Essa va riferita comunque al complesso degli 
					insegnanti di una classe o addirittura di una comunità 
					collegiale più vasta, poiché le migliori tecniche 
					professionali utilizzate da un insegnante possono fallire se 
					non sono armonizzate con quelle utilizzate dagli altri 
					insegnanti che operano nella stessa classe. Il corpo docente 
					è un tutt’uno e la libertà didattica li riguarda come 
					globalità. Tecnicamente, una scuola funziona meglio se gli 
					insegnanti coordinano il loro lavoro. Nondimeno, la libertà 
					didattica è libertà di insegnamento in senso pieno. Da ciò 
					deriva che il titolare della progettazione didattica è il 
					singolo insegnante, solidalmente con tutti gli altri 
					insegnanti che lavorano con i suoi studenti. Questa forma di 
					libertà trova il suo limite nella necessità di garantire che 
					le finalità fissate dallo Stato siano per tutti il punto di 
					orientamento dell’azione professionale.
 Essa non è una libertà dalle regole, ma una libertà nelle 
					regole.
 Nel contempo però la libertà di insegnamento deve, da un 
					lato, svolgersi nell’ambito dell’osservanza di regole che 
					definiscono le finalità dell’istruzione attraverso norme 
					costituzionali e leggi, dall’altra parte nel limite naturale 
					del rispetto della libertà, della personalità e dei bisogni 
					degli alunni, del necessario rispetto della medesima libertà 
					degli altri docenti, tenendo anche conto della libertà di 
					scelta delle famiglie e delle esigenze di ogni altro 
					portatore di interesse di cui la comunità professionale 
					scolastica deve necessariamente tenere conto e ai quali deve 
					rendicontare il proprio operato e i propri risultati.
 La libertà di insegnamento presuppone pertanto 
					un’organizzazione democratica della scuola senza alcuna 
					forma di gerarchizzazione di ruoli; una organizzazione cioè 
					per linee orizzontali, dove i relativi compiti sono 
					ripartiti tra i diversi operatori in relazione alle diverse 
					funzioni, ognuno svolge la propria funzione in condizioni 
					paritarie e nel contempo con piena responsabilità; nello 
					stesso tempo però tutti, ai diversi livelli, partecipano 
					direttamente o con propri rappresentanti negli organi 
					democratici preposti alla gestione della scuola.
 L’art.21 della L.59/97, attuato dal Dlgs 59/98 e trasfuso 
					nel Dlgs 165/01 attribuisce ai Capi di Istituto la qualifica 
					dirigenziale e di conseguenza una serie di nuove 
					attribuzioni. In particolare, il dirigente scolastico 
					assicura la gestione unitaria dell’istituzione scolastica, è 
					responsabile dei risultati del servizio scolastico, 
					organizza l’attività scolastica secondo criteri di 
					efficienza ed efficacia ed ha autonomi poteri di direzione, 
					coordinamento e valorizzazione delle risorse umane, nel 
					rispetto degli organi collegiali della scuola.
 La nuova figura del dirigente scolastico appare 
					difficilmente conciliabile con la libertà di insegnamento 
					del personale docente, che dovrebbe operare “sotto la 
					direzione” del dirigente scolastico e con le competenze 
					decisionali attribuite agli organi collegiali della scuola. 
					Il Dlgs 59/98 tende però a conciliare tale qualifica 
					dirigenziale, per sua natura sovraordinata, con il modello 
					di gestione democratica delle scuole che, a garanzia della 
					libertà di insegnamento, preclude ogni rapporto di 
					gerarchizzazione. Allo stato attuale, essendo ancora in 
					vigore il sistema degli organi collegiali previsto dal DPR 
					416/74 (ora Dlgs 297/94), le attribuzioni del dirigente 
					scolastico sono condizionate dalle competenze degli organi 
					collegiali che il dirigente scolastico deve rispettare e 
					quindi dal potere decisionale ad essi attribuito.
 Nel DPR 275 /99 è esplicitato chiaramente: "l'autonomia 
					delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di 
					insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella 
					progettazione e nella realizzazione di interventi di 
					educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo 
					della persona umana”.
 La libertà di insegnamento è la più grande risorsa di 
					un’effettiva autonomia scolastica e trova in essa il suo 
					naturale sviluppo, una sua interpretazione, non solo 
					individualistica, ma collegiale e cooperativa. Non è una 
					concessione elargita gratuitamente, ma si esprime 
					nell’esercizio di una funzione che costituisce per il 
					docente il richiamo forte ad una grandissima responsabilità 
					per la scelta di percorsi e strumenti organizzativi e 
					contenuti didattici più idonei a raggiungere il fine 
					dell’apprendimento, esigendo un impegno maggiore proprio in 
					ragione della possibilità del suo esercizio.
 La libertà di insegnamento si esercita nel quadro di un 
					progetto educativo che condizionerà la qualità di 
					quell’esercizio educativo.
 Insegnare in un contesto istituzionale dà più motivazione 
					all’azione docente, e quindi anche più qualità. Permette, 
					nell’ottica del pluralismo, un confronto tra colleghi con 
					posizioni diverse che cercano di trovare la soluzione.
 Attraverso la libertà didattica nel suo senso più ampio si 
					sostanzia il diritto-dovere dell’insegnante di scoprire e 
					sperimentare metodologie tecnico-operative e approcci nuovi 
					e di maggior successo nella costruzione e conduzione di un 
					ambiente formativo funzionale al massimo apprendimento 
					possibile per ciascun alunno, nell’adempimento di quella che 
					è la mission inderogabile dell’istituzione scolastica. E’ 
					ovvio che ogni idea di sperimentazione di successo non può 
					restare fine a sé stessa o rimanere di proprietà esclusiva 
					del docente che l’ha progettata. Nella scuola 
					dell’autonomia, dove il lavoro di gruppo e in team o in rete 
					è lo spirito fondante della logica organizzativa della 
					Scuola, ogni buona pratica deve necessariamente essere 
					condivisa e “rimessa in circolo”. La libertà 
					dell’insegnamento in tal modo non viene affatto limitata, 
					anzi si arricchisce, diventando autonomia di 
					sperimentazione, ricerca e sviluppo e occasione di 
					riflessione sul proprio operato, con la finalità di 
					arricchire il curricolo, l’offerta formativa e il sistema 
					secondo un’ottica di continuità orizzontale e verticale, 
					acquisendo quel valore aggiunto, personale e di tutta la 
					comunità professionale, che è la prima condizione per 
					attuare realmente l’autonomia scolastica.
 Il dirigente scolastico della scuola autonoma sceglie come 
					priorità assoluta del suo servizio l’incremento 
					dell’efficienza dei processi e della la qualità attraverso 
					la pianificazione strategica, intesa come definizione della 
					“mission” e l’identificazione degli obiettivi operativi. La 
					sua azione propulsiva porrà basi solide ad una struttura 
					organizzativa efficiente vissuta come l’insieme dei 
					dispositivi operativi di funzionamento e la gestione del 
					personale attraverso forme di valorizzazione delle risorse 
					umane.
 Ciò implica da parte del dirigente scolastico la promozione 
					di una cultura organizzativa caratterizzata da dinamiche 
					relazionali ispirate dalla comune volontà di costruire al 
					fine di erogare un servizio di qualità orientato al successo 
					formativo di tutti gli allievi.
 In questo sfondo di complessità organizzativa si delineano, 
					perciò, i connotati del nuovo profilo professionale del 
					dirigente scolastico, al quale è richiesta una capacità 
					gestionale in grado di pilotare il cambiamento e influenzare 
					positivamente i comportamenti. Nella scuola 
					dell’Autonomia,in un clima di democrazia partecipata attiva, 
					il Dirigente Scolastico sarà propulsivo di obiettivi 
					condivisi, attraverso l’instaurazione di relazioni 
					collaborative di sostegno e di guida: Si prefigura un 
					modello organizzativo dinamico in rete (DPR 275/99), non 
					gerarchico e decisionale, ma basato su elementi di 
					diffusione, sensibilizzazione e divisione dei ruoli.
 Al Dirigente Scolastico compete, quindi, favorire la 
					creazione di un clima relazionale positivo che possa 
					garantire, tra l’altro, una certa flessibilità nel sistema, 
					consentendo a tutte le risorse umane, ivi compresi gli 
					allievi, di esprimere pienamente tutte le potenzialità, 
					nell’ottica di un processo formativo rivolto a promuovere la 
					centralità della persona in un contesto di comunità di 
					pratiche e di dialogo.
 E’ in tale contesto che va considerata l’attività negoziale 
					(D.I 44/2001), che si configura come una reale capacità di 
					confronto e interazione con gli enti locali, le istituzioni, 
					le organizzazioni sociali e le associazioni operanti 
					nell’ambito territoriale di competenza, consentendo al 
					dirigente scolastico di concludere un’ampia gamma di 
					contratti pubblici e privati e perseguire, così, interessi e 
					fini istituzionali.
 Si tratta di strumenti che consentono al Dirigente 
					Scolastico di porre in essere una gestione formativa 
					integrata avvalendosi dell’apporto costruttivo di altri 
					soggetti, istituzionali e non, accomunati dalla condivisione 
					di obiettivi formativi.
 Le strategie progettuali definite nel POF e condivise da 
					tutti gli operatori scolastici vengono tradotte dal 
					Dirigente Scolastico in termini finanziari nel Programma 
					annuale (D.I. 44/2001).
 
 
					
					Cafa 
					
					
 
					
 
  
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